giovedì 22 novembre 2012

I nemici dell'architetto _ 2

 

Il carpentiere naïf

 

Sì, lo so...
A molte delle donnine dietro lo schermo la parola carpentiere evoca pensieri libidinosi di energumeni strizzati in una tuta sdrucita dalla quale emergono muscoli sovrabbondanti.
Ma è un mito che, ahimè, si sfata presto. Direi sin dalla prima volta che si mette piede in cantiere. Di solito hanno una barbetta caprina, statura e fisico regolare se non sotto la media, a volte anche spessi occhiali da secchione... a meno che non si abbia a che fare con l'eccezione che conferma la regola, con l'impresa dei sogni degli architetti con l'apostrofo.

A scanso di ulteriori equivoci devo dire che trovo comunque la categoria molto affascinante e non fisicamente. I bravi carpentieri sono delle menti agili, hanno cervelli veloci capaci di leggere gli esecutivi meglio di chiunque altro, hanno mani callose che sanno fare il loro mestiere, mani che lavorano la struttura come se fosse una donna da amare.
Avete mai provato a stringere la mano di un carpentiere? E' roba seria. Sembra che ti porga un blocco di pietra, e se anche stringi non senti niente, non una piega della pelle, non uno scricchiolio, non una deformazione. Niente.

Ma torniamo a noi, perché tra queste menti eccelse, tra queste creature mitologiche metà uomo e metà statua, si nasconde il nemico: il carpentiere naïf. Quello che lavora nel disordine, quello impreciso, forfettario, distratto. Quello che le misure le prende con approssimazione, le armature le valuta ad occhio, i disegni li seppellisce sotto chili di tondini da sedici.
Quello che "esecutivi?!? pfui! basta non essere avari di ferro!"

E' la fine. L'architetto è costretto ad un lavoro improbo.
Non bisogna lasciare il nemico solo per più di un'ora, altrimenti ci si ritrova, con molto malumore in giro, a dover rifare tanto lavoro, nella migliore delle ipotesi.
Seguire il cantiere diventa un gioco di forza: non si può abbassare la guardia. Mai. Nemmeno per un istante.

Vi state chiedendo il perché delle mie occhiaie?
Ah, beh, mi sveglio presto per andare in cantiere.
Ho un carpentiere naïf. Lo batto sul tempo.

venerdì 2 novembre 2012

gae

Ieri se ne è andata.

Se oggi sono qui, con le scarpe rovinate dal cantiere e l'elmetto sempre pronto nel bagagliaio della macchina è anche per merito suo.



Perché ha saputo essere un'architetto con l'apostrofo.
Perché ci ha creduto, ed è stata una grande.
Perché, a chi le faceva notare che l'architettura è un mestiere per uomini, rispondeva "Lo so, ma io ho sempre fatto finta di nulla".

Ciao Gae.
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