venerdì 22 novembre 2013

Tipologie di cliente: Il precipitoso

La grandezza del suo SUV è inversamente proporzionale alla sua simpatia e persino i pochi capelli che ha in testa sono tantissimi rispetto ai minuti che riuscirà a dedicarti.
Il suo telefono squilla perennemente in modo compulsivo... impossibile concludere una conversazione senza che questa venga interrotta da numerosi trilli e dalle sue risposte seccate alla segretaria depressa che dall'altro capo del telefono si mangiucchia le unghie rinchiusa nello stanzino freddo e umido che le è stato riservato.

Quando lo vedi ti parte qualcosa di vorticoso dallo stomaco e no, non sono farfalle... Ti mette ansia!
E ti smuove i nervi sentire le sue pretestuose lamentele su come nelle sue giornate si avvicendano faticose e apparentemente infinite ore che misura con un patek d'annata di cui fa sfoggio.

Eppure è un tuo cliente. In via del tutto teorica dovresti amarlo, proteggerlo ed onorarlo finché fine dei lavori (o parcella) non vi separi.

E saresti anche pronta ad accettarlo se non fosse per quel piccolo particolare: ha fretta.
Fretta di vedere un progetto, fretta di cominciare i lavori, fretta di demolire, fretta di ricostruire...
Insomma FRETTA!!!!


Le tue giornate diventano isteriche, lavori a più non posso per stare ai suo tempi, progetti persino nel sonno la casa dei suoi sogni che, ça va sans dire, dovrà avere i connotati di una reggia...

La notte sogni volumi che si incastrano, rotazioni, allineamenti.
Immagini rivestimenti, finiture, scale, ringhiere, saune e piscine.

Finché un giorno ti rendi conto che è lì, in quei byte che vorticosamente girano tra i meandri del tuo computer, in quei fogli pieni di linee, persino in quelle immagini che vedi quando anche per pochi secondi chiudi gli occhi...
Ti rendi conto, insomma, che è il suo progetto, che è bello, limpido, tirato a lucido come un trenino nel pacco regalo sotto l'albero di Natale.

Contenta come non mai, componi quel numero perennemente occupato per scoprire che lo stai chiamando da un'altra parte del mondo, Dubai o Timbuctu, e sentirti dire che "No, per questa settimana non posso venire in studio..."

Un po' dispiaciuta cerchi di fissare un appuntamento per la settimana successiva, ma non è possibile... troppi impegni.
Ritenti per quella dopo. E per l'altra ancora. E per un'altra e un'altra e un'altra...
Ma gli impegni sono troppi, e i minuti liberi troppo pochi, e il tempo perso è denaro e...
MA LA FRETTA?!?

sabato 27 aprile 2013

Tipologie di cliente: il preciso

E' un energumeno.
Nonostante la polvere, i chiodi, i pezzi di mattone, gli utensili pesanti, nonostante il rumore incessante del martello demolitore o dell'impastatrice, quando arriva in cantiere hai l'impressione di vedere entrare un elefante in una cristalleria.
Si muove in modo impacciato, appesantito e rumoroso.
Su questo aspetto grossolano non avresti scommesso mezza lira, ma in fase di progetto ha dimostrato buon gusto, apertura mentale, modernità ed allegria compositiva.
Fin qui avresti potuto definirlo il cliente perfetto. Certo non considerando lo strano scricchiolio della sedia dello studio quando viene sottoposta al carico non indifferente delle sue poderosa membra.
Fin qui avresti potuto dire che "sì, questo lavoro sarà una passeggiata. anzi, sarà una bellissima esperienza".

Poi inizi il cantiere.
Sei talmente convinto che lui non ti darà problemi che quasi adori vederlo fare capolino ogni mattina ed interessarsi ai lavori. Lo rendi partecipe, gli spieghi passo passo i lavori che si stanno facendo, cerchi di farlo diventare una tua creatura per colpa di un pericoloso mix tra il tuo ormai sviluppato e sprecato istinto materno e la magnificenza e benevolenza che ti viene dal fatto di essere un essere supremo in quanto architetto.

Ma poi, pian piano ed inevitabilmente, esce fuori il mostro che è in lui.
Un mostro che è esattamente l'opposto di ciò che il suo fisico suggerisce.
Un mosto che nessuno saprebbe spiegare come faccia a starsene rintanato in quel corpo impreciso e bislacco.
E' il mostro della precisione. Fanatica precisione. Matematica precisione. 
Conta i centimetri, verifica gli allineamenti, resta ore ad osservare le piastrelle una per una, per scovare un difetto, una differenza, qualsiasi cosa possa disturbare il suo occhio meticoloso ed attento.
Non sa o forse non capisce, ammattito com'è dalla sua mania, che la bellezza di un lavoro artigianale sta nell'imprecisione, nella differenza, in quel piccolo particolare che rende una cosa l'esempio lampante del fatto che il mondo è fatto per gli uomini, e non per gli dei.
Cominci ad odiarlo. Basti tu a fare il critico in cantiere. E' un primato che ti spetta di diritto.

Finché un giorno lo trovi lì, chino sul pavimento appena montato, un bellissimo pavimento non rettificato, un pavimento imperfetto come lo siamo tutti, ma di grande personalità. E lo trovi lì, accovacciato con tutta quella massa corporea arrotolata e ristretta, a tenersi con una mano i lembi della giacca che altrimenti strofinerebbero a terra mentre nell'altra mano tiene un righello rosa rubato dallo zaino della figlia.
Uno stramaledetto righello rosa col quale pretende di verificare che la fuga sia davvero un millimetro ovunque.

A quel punto ha rotto la cristalleria in cui si muoveva. Le tue orecchie si riempiono di un frastuono indescrivibile. Frastuono di vetri frantumati in mille pezzi.
Finisce la magia, e quello torna ad essere un lavoro e non una magnifica esperienza.

Imparate ad amare i piccoli difetti delle vostre case. Sono ciò che le rende vere. 

lunedì 11 febbraio 2013

BonsaiPost#01

E poi c'è il cliente che quando gli chiedi di lasciare almeno un acconto della parcella, ti risponde quasi stupito: "Ma architetto! Se pago lei, con quali soldi li faccio i lavori?!".

giovedì 7 febbraio 2013

Transformer

Per quanto possa sembrare assurdo, anche gli architetti hanno bisogno di una casa.
Sia ben chiaro, sono e saranno sempre esseri supremi, ma per qualche inceppamento dell'ingranaggio divino anche a loro serve un divano su cui posare le stanche membra alla fine di lunghe giornate lavorative, e magari una cucina nella quale preparare tutto il caffè che bevono per stare svegli, e (perdincibacco!) un bagno per... coprirsi le occhiaie allo specchio con chili di correttore, of course!

La casa dell'architetto è il suo principale biglietto da visita, è il progetto di una vita, è un'esperienza totale.
Conosco architetti talmente intimoriti dal fatto di dover progettare la propria casa da decidere di fare i clochard (e no, non è perché i clienti non pagano! quella è la scusa che usano tutti!!!)

Capita dunque che anche io mi stia avvicinando al momento decisivo, quello in cui inizierò a metter mano alla Casa con l'iniziale maiuscola.
Capita che io ed il mio futuro marito siamo entrambi architetti (ebbene sì, le perfezioni si attraggono), il che è un casino bello e buono!
Un giorno diciamo una cosa ed il giorno dopo la neghiamo. E spesso non siamo d'accordo sul da farsi.
E' il pandemonio, la fine di ogni certezza, l'inizio di mille dubbi.
Abbiamo seriamente pensato di coinvolgere un terzo architetto sopra le parti che faccia per noi un progetto come per normali clienti neanche tanto simpatici e così non se ne parla più. Non sarà colpa nostra.
O più che altro non sarà colpa del mio futuro marito, 'chè io, si sa, non sbaglio! (ma il problema è farglielo capire, a quel capoccione!)


Ad ogni modo, ho deciso che prenderò spunto dalla mia esperienza personale per mostrarvi le cose da un punto di vista speciale, oserei dire doppio: il punto di vista dell'architetto che è anche il committente... Un transformer di infima specie, insomma.

Attraverso la nostra esperienza, cercherò di trattare più o meno seriamente temi importanti per chi si avvicina per la prima volta al favoloso mondo dell'architettura e dell'edilizia. 

L'augurio è che il capoccione non si intrometta anche qui. E' sempre un po' saccente.
Sarebbe stato meglio innamorarsi di un avvocato, mi sa...

giovedì 22 novembre 2012

I nemici dell'architetto _ 2

 

Il carpentiere naïf

 

Sì, lo so...
A molte delle donnine dietro lo schermo la parola carpentiere evoca pensieri libidinosi di energumeni strizzati in una tuta sdrucita dalla quale emergono muscoli sovrabbondanti.
Ma è un mito che, ahimè, si sfata presto. Direi sin dalla prima volta che si mette piede in cantiere. Di solito hanno una barbetta caprina, statura e fisico regolare se non sotto la media, a volte anche spessi occhiali da secchione... a meno che non si abbia a che fare con l'eccezione che conferma la regola, con l'impresa dei sogni degli architetti con l'apostrofo.

A scanso di ulteriori equivoci devo dire che trovo comunque la categoria molto affascinante e non fisicamente. I bravi carpentieri sono delle menti agili, hanno cervelli veloci capaci di leggere gli esecutivi meglio di chiunque altro, hanno mani callose che sanno fare il loro mestiere, mani che lavorano la struttura come se fosse una donna da amare.
Avete mai provato a stringere la mano di un carpentiere? E' roba seria. Sembra che ti porga un blocco di pietra, e se anche stringi non senti niente, non una piega della pelle, non uno scricchiolio, non una deformazione. Niente.

Ma torniamo a noi, perché tra queste menti eccelse, tra queste creature mitologiche metà uomo e metà statua, si nasconde il nemico: il carpentiere naïf. Quello che lavora nel disordine, quello impreciso, forfettario, distratto. Quello che le misure le prende con approssimazione, le armature le valuta ad occhio, i disegni li seppellisce sotto chili di tondini da sedici.
Quello che "esecutivi?!? pfui! basta non essere avari di ferro!"

E' la fine. L'architetto è costretto ad un lavoro improbo.
Non bisogna lasciare il nemico solo per più di un'ora, altrimenti ci si ritrova, con molto malumore in giro, a dover rifare tanto lavoro, nella migliore delle ipotesi.
Seguire il cantiere diventa un gioco di forza: non si può abbassare la guardia. Mai. Nemmeno per un istante.

Vi state chiedendo il perché delle mie occhiaie?
Ah, beh, mi sveglio presto per andare in cantiere.
Ho un carpentiere naïf. Lo batto sul tempo.

venerdì 2 novembre 2012

gae

Ieri se ne è andata.

Se oggi sono qui, con le scarpe rovinate dal cantiere e l'elmetto sempre pronto nel bagagliaio della macchina è anche per merito suo.



Perché ha saputo essere un'architetto con l'apostrofo.
Perché ci ha creduto, ed è stata una grande.
Perché, a chi le faceva notare che l'architettura è un mestiere per uomini, rispondeva "Lo so, ma io ho sempre fatto finta di nulla".

Ciao Gae.

martedì 11 settembre 2012

Non chiamatemi architettA

Perchè, se l'architetto è femmina, il maschio non resiste.
Ci gira intorno, fa finta di niente, studia l'avversario e poi, inevitabilmente, fa il provolone.

Perchè una donna che parla di cose maschie vi smuove qualcosa a metà tra lo stomaco e il bassoventre.
Soprattutto se, mentre parla di cose maschie, ha il cazzutissimo coraggio di guardarvi negli occhi.

Margarete Schütte-Lihotzky
Lei è un tipino niente male.
Leggete qui
La prima provola è il cliente.
Quello che, di primo acchitto, resta basito. Quello che: "ma dici davvero? quella lì? sarà capace?".
Quello che poi è cavaliere fino in fondo. Questione di precedenze, di "prima lei", di modi gentili ed affettati.
Quello che ti toglie la rullina di mano, ma solo perchè i maschi hanno sempre un po' paura di una donna che ci ha l'occhio con le misure.
Quello che un po' si pavoneggia perchè ci ha la femmina in giro per il cantiere.
Quello che, sulle scelte d'arredo dell'architettA (orrore!) no, non si discute, e non lascia spazio nemmeno alla moglie.

Quello che, però "va bene tutto, ma tecnologicamente ne so sempre di più io".

Perchè l'uomo, in quanto uomo, ci ha la scienza infusa.
Così, come dono di natura. 
Muscoli, calvizie precoce, baffo, pisello e scienza edile infusa.
Perchè l'uomo, anche se di mestiere fa il medico, l'avvocato, il commesso o il postino, l'uomo dicevo, in quanto uomo, una casa sa come farla. Fa parte del suo istinto maschio, del suo retaggio preistorico, della sua missione naturale.

Perchè l'uomo... l'uomo è bello quando si ricrede, quando l'architetto perde i connotati che le derivano dal sesso e diventa un tecnico, e dice cose sacrosante, e il cantiere diventa il posto più bello di questo mondo.
Con la scia di Chanel.


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